Category: Incesto/Tabu Storie

A Grande Richiesta

by ULISSE©

Siamo, finalmente, alla vigilia del debutto.

Un lungo e faticoso percorso, irto di ostacoli. Pieno di dubbi, tentennamenti, incertezze, paure.

Sul cartellone del 'Concert Hall' il nome di Ed, mio figlio, appare a caratteri ben evidenti.

'Debutto del pianista Edward Hume

Musiche di

L.Van Beethoven, Sonata il Re min. Op.31, n.2 –La tempesta-

C.Debussy, La cathédrale engloutie

F.Liszt, Consolation n.3 in Re magg.

F.Chopin, Studio in La b magg. Op 25, 1 e scherzo 3 in Do min, op 3

F.Schubert, Improvviso in Sol b magg. Op.90 n.3'

Programma impegnativo, ma Ed è bravo, e si è sempre distinto al Conservatorio, dove si è classificato al primo posto, come concertista.

Ma che fatica. Anche da parte mia.

Carattere chiuso, introverso, sempre indeciso, perplesso, insicuro. Un perfezionista rigoroso, pignolo, perfino pedante.

Non ha ereditato il carattere di Ronald, suo padre: esuberante, convincente, trascinatore e anche... incantatore, affascinante, un po' stregone.

Insegnava al Conservatorio, al Royal Conservatory, e fu componente della commissione al mio diploma. Dopo dieci anni di frequenza, quando terminai l'esecuzione, si alzò, mi venne vicino, mi strinse la mano.

"Sei un'ottima violoncellista, farai certamente strada..."

Avevo venti anni. Lui il doppio.

L'anno dopo nasceva Edward.

Quello successivo Ronald andò negli Stati Uniti. E li è restato!

Vita abbastanza disagevole, la mia.

Avevo iniziato una discreta carriera artistica, ma il bimbo piccolo, la baby sitter, la necessità di frequenti spostamenti, anche all'estero, era tutto un susseguirsi di difficoltà.

Quando Ed raggiunse gli otto anni, accettai l'incarico di insegnare al Conservatorio, pur tenendo, di quando in quando, alcuni concerti. Erano la mia vera vita.

Suonare. Mi faceva entrare in una specie di trance meraviglioso. Mi sentivo in paradiso. Ed si sedeva sul cuscino, per terra, e stava li, ore ed ore ad ascoltarmi.

Avevamo uno splendido pianoforte Stainways & Sons, a coda, da concerto.

E' li che Ed ha iniziato a battere i primi tasti.

Una predisposizione innata, ereditaria, per la musica, e particolarmente per il pianoforte.

Ha sbalordito i suoi insegnanti, molti li ha surclassati.

Io restavo a lungo, ad ascoltarlo.

Le sue interpretazioni erano struggenti.

Passava dagli accordi melodici, ricavati sfiorando dolcemente i tasti, come se li accarezzasse, a pezzi travolgenti, che gli squassavano la chioma. Allora li colpiva quasi con violenza, i tasti, in un crescendo coinvolgente, e poi restava immobile, sudato, trasognante.

Il Bolero di Ravel: iniziava lento, che pareva stentato, sofferto. Poi ti avvolgeva, come in una spirale, e ti trovavi a piroettare, seguendo la musica, sempre più trascinante, implacabile. E quando si fermava di colpo avresti voluto gettarti sul pavimento. E stare.

Eseguivamo, insieme, le varie sonate 'per cello e piano', come l'opera 45 di Chopin, o la 'Berceuse' di Franck.

Era incantevole eseguirle con Ed.

Il violoncello, tra le mie gambe, era vivo, palpitante. Le note del piano lo rendevano ancora più vibrante, e quel fremito appassionato mi prendeva, entrava in me, mi eccitava... mi inebriava... era un piacere della carne, oltre che dello spirito... una sensualità invadente... molto simile al godimento d'un amplesso.

La musica?

Certamente.

Ma la esecuzione di Edward era tutto.

Si, non è la stessa cosa fremere e godere tra le braccia di uno o dell'altro uomo. Le cose sono quelle, certo, ma è come si fanno.

Saggezza dei proverbi antichi: ic itur ad astra... così si sale alle stelle!

Ed io ero al settimo cielo.

^^^

Dunque, questa sera il debutto

Ed è al piano.

Ha voluto mangiare pochissimo.

E' più pallido del solito.

E' sempre attanagliato e tormentato da mille dubbi.

Suona.... Suona.... Va da un tema all'altro... dalla rappresentazione meravigliosa d'un chiaro di luna a una tempesta sconvolgente.

E' in maniche di camicia. Sbottonata. Alquanto scapigliato.

Vorrei dirgli che non manca molto al concerto.

Sono in vestaglia, alle sue spalle.

Non sono molto alta, ma, a quanto mi dice lo specchio, tutto è proporzionato in me. Per rimanere nel mio linguaggio, vorrei dire che è armonioso. Peccato che tutto ciò mi lo ripeta solo lo specchio. Strano, ma non ho mai voluto rimpiazzare il fuggitivo oltreatlantico. Né nel cuore né nel letto.

Nel mio cuore c'è solo Edward.

Nel mio letto nessuno. Purtroppo. E' un tormento, anche dopo tanti anni. Anzi, sempre maggiore.

Chissà cosa ha nel cuore Ed?

La musica, sicuro, ma chi?

Da come mi guarda, mi tratta, a volte mi coccola, a suo modo, timidamente, quasi temendo d'essere importuno, presumo che nel suo cuore ci sia un posticino anche per me. Ma le ragazze?

Ogni volta che ho tentato di entrare in argomento è divenuto taciturno, scostante, perfino sgarbato.

"Non c'è nessuna 'ragazza' nella mia vita, mamma, nessuna 'ragazza'."

E' pronunciava in modo strano quella parola, 'ragazza'.

Oddio, pensai, che, invece, ci fosse un 'ragazzo'.

Fui molto cauta nell'affrontare il tema.

Tirai un sospiro di sollievo. L'omosessualità non la condannava, erano fatti degli altri, ma a lui ripugnava. Sì, ha detto proprio ripugnava, ed ha aggiunto: 'la detesto'!

Allora?

Beh, devo dire che è un bel ragazzo, il mio Ed, e ci sono stati mille modi ci comprendere, anzi di accertare, almeno de visu, che lo sviluppo dei suoi organi sessuali non ha niente da invidiare a nessuno.

Si sa, quando si vive nella stessa casa, si va al mare insieme... capita di girare liberamente... poi... la tenda della doccia non è sempre tirata del tutto. E' logico che l'abbia visto, anzi che l'abbia guardato. Anche con curiosità e... devo ammetterlo... con compiacimento... e con qualche... particolare ammirazione. E' del tutto naturale, via, che una donne che ha poco più di quaranta anni, ed è sana, viva e vitale, presti... attenzione a certi argomenti.

Così pure, credo che Ed non abbia tralasciato di sbirciarmi. Da sempre. Infinite scuse per farsi dare il sapone, la spugna, proprio quando ero sotto la doccia, o per entrare all'improvviso nella cabina mentre mi cambiavo.

Ogni tanto mi faceva perfino qualche complimento.

'Sei particolarmente bella, mamma, oggi.... Come sei elegante.... Sexy... sei attraente... perbacco, dai dei punti a una ragazza... anzi sei una ragazza... una bella bambolina... ti sta bene questo costume... anche se devo confessare (e qui arrossiva e abbozzava un sorrisetto) che sono geloso... non voglio che gli altri ti vedano così... ma sai che hai un personalino incantevole. E che forme...!'

Pensavo a tutto questo, alle sue spalle.

Lui al piano. Testa alta, poggiata sul mio seno, tra le mie non grosse ma ben sode tettine.

Si interruppe.

Senza voltarsi mi disse:

"Sai mamma, ho telefonato per rinviare il concerto di questa sera. Hanno già messo le strisce: 'rinviato'."

Rimasi folgorata.

"Rinviato, Ed? Come hai potuto... perché... all'ultimo momento... perché?"

"Non me la sento, mamma, non credo di essere pronto..."

"Ma, bambino mio, sei bravissimo, esegui tutto alla perfezione, in modo impeccabile."

Avevo le mani sulle sue spalle. Gli carezzavo la testa.

Entrai con le mani nella camicia, come a volergli infondere fiducia.

Il suo petto era lievemente sudato.

Come sentì accarezzarsi così, si irrigidì. Voltò appena la testa, con la guancia sul mio seno. La vestaglia, semiaperta, gli fece incontrare la carne viva, il mio tepore. Non uso reggiseno.

Aspirò a lungo.

"Che profumo, mamma..."

Mi dava piccoli baci.

Le sue labbra incontrarono il capezzolo che s'inturgidì. Lo baciarono timidamente, la sua lingua lo lambì.

Il mio Edward.

Mi ero chinata ancor più su lui, scendevo con le mani, sempre carezzandolo.

Fu quasi naturale e facile entrare nei pantaloni appena sostenuti da un cedevole elastico. Mi accorsi che m'ero infilata nel boxer solo quando sentii il vello cresposo del suo pube. Lui poggiava la sua testa con forza, sul mio petto.

Ma quello era il suo fallo! Eretto, duro, imponente. Mi dette un senso di solennità, quasi di sacralità, come se stessi rispettando scrupolosamente un cerimoniale.

Un fallo!

Da quanto tempo!

Fu istintivo afferrarlo, stringerlo... era magnifico... non credevo a me stessa... la sensazione mi invase, si diffuse in tutto il corpo... nella mente... nel grembo...

Un fallo!

Questo era l'imprevisto, l' inimmaginabile...

Stavo stringendo un fallo!

La vagina stillava la testimonianza del suo insperato piacere...

Un fallo!

Ma era quello di Edward... Eddie... Ed... mio figlio!

Comunque era un fallo! E che fallo!

Sentii Ed irrigidirsi di colpo, spingere la testa sul mio seno...

Che dovevo fare? Avrei voluto lasciarlo... non ci riuscivo... ero ammaliata, calamitata...

Ed si mosse, girò un po' sullo sgabello... ancora un po' di più... lentamente...

Era di fronte, mi afferrò le natiche, sotto la vestaglia... freneticamente... abbassò la testa.... Nascose il volto sul mio pube, sulle mutandine...

Gustavo il tepore del suo respiro. Certamente lui sentiva come e quanto la stretta pattina delle mutandine fosse intrisa del mio succo, dell'abbondante secrezione.

Annusava, profondamente.

Poggiò le sue labbra, mi baciò...

Era completamente in balìa dei sensi, non avevo più il potere, la capacità di controllarmi. E forse neppure la volontà.

La mia mano teneva sempre stretto il sesso di Ed...

Con l'altra, rapidamente, abbassai la zip dei suoi pantaloni, scostai il boxer...

Eccolo, sublime, splendido, perfetto, divino... come un dono della provvidenza.

Ed mi guardava, sgomento e tremante.

Il glande, rosso, fremeva nella mia mano.

Allargai le gambe... scostai le mutandine –non potevo perdere tempo a sfilarle- mi abbassai e nel contempo condussi quel meraviglioso scettro all'ingresso trepidante, impaziente, della mia vagina impazzita. Mi impalai lentamente, mentre lui mi stringeva le natiche, e con le labbra mi succhiava i capezzoli.

Non ricordo come e per quanto tempo lo cavalcai, ma non potrò mai cancellare dalla mia carne, dalla mia mente, l'orgasmo, represso per anni, che quasi ci rovesciava sul pavimento. Mi afferrai a lui, voluttuosamente. In quel momento m'invase il torrente del suo seme...

Del suo seme... il suo seme.... Come una folgore... il suo seme... il seme di mio figlio... oddio... potevo restare incinta... ma l'angoscia che mi stava afferrando fu sopraffatta dal sentirlo rapidamente rifiorire in me... ancora...

Prevalse il cinismo: ormai era fatta... ci avrei pensato.

Ora avevo ben altro cui dedicarmi.

I baci e le carezze di Ed erano meravigliose, tenere e passionali nel contempo.

Quando riuscimmo a recuperare un certo discernimento, ci guardammo.

Dovevamo essere ben buffi.

Su uno sgabello per pianoforte, semivestiti...

Mi alzai piano, lo presi per mano.

Mi seguiva come un automa, quasi abulico.

Andammo nella mia camera.

Lo spogliai, lo spinsi sul letto.

Tolsi la vestaglia arricciata, i resti di quelle che erano state delle mutandine. Mi sdraiai accanto a lui, sul fianco. Lui era supino.

"Ed, tesoro mio?"

Guardava il soffitto.

"Si?"

"E' stata la tua prima volta?"

Si voltò appena, mi guardo con dolcezza.

"Si, ma'!"

Allungò la mano, mi carezzò il seno, scese timidamente giù, sul grembo, incontrò i miei riccioli impiastricciati, si inoltrò con la mano, con le dita, tra le mie gambe. Toccava il mio sesso, come a volerlo conoscere, fissarlo nella sua mente. Le sue dita agili, non ancora abili, lo sfioravano, sembrava ne stesse traendo delle armonie, degli accordi. E un inenarrabile armonia era stata la nostra unione. Un accordo perfetto, euritmia. Per me la più bella esecuzione della mia vita, un susseguirsi meraviglioso fino al maestoso finale.

Gli passai la mano sul volto.

"Cosa mi dici, Ed? Ti è dispiaciuto?"

Mi lanciò un'occhiata fulminante.

"Ma non hai capito che ti desidero da sempre?"

Si voltò verso me, si aggrappò a me.

In quel momento tornai a dimenticare tutto. Anche il pensiero che n'aveva attraversato per un attimo: gravidanza.

Mi posi supina, alzai le ginocchia, lo tirai su me.

Mi voleva, il mio bambino, mi voleva, mi desiderava... ed io desideravo lui.

Anche gli ardori della gioventù, e il vulcano della maturità, rispondono alle leggi della natura.

Era buio, fuori, quando, poi, giacemmo, appagati, ma non del tutto domi.

Ci tenevamo per mano.

"Che mi dici del tuo concerto Ed?"

"Sono prontissimo, ma. Telefoniamo subito, adesso, lo terrò domani."

Ci dovemmo alzare per mangiare qualcosa.

Tornammo alla nostra brama.

L'indomani mi svegliai con lui che poggiava il capo sul mio seno, e con le labbra, ogni tanto, ciucciava il capezzolo.

Come tanti, tanti anni prima!

^^^

Il concerto fu un trionfo.

Dopo ogni esecuzione gli applausi andarono sempre aumentando. Alla fine, una lunghissima, interminabile, standing ovation.

Una prolungata, inarrestabile richiesta di 'bis'.

Edward, rosso in volto, commosso, raggiante, emozionato, ringraziava inchinandosi.

Venne verso le quinte dove ero io, con gli occhi umidi. Mi prese per mano mi condusse alla ribalta.

"E' la mia mamma. A lei devo tutto, e voi dovete a lei questo concerto. Grazie."

Gli applausi raddoppiarono, così le richieste di bis.

Edward fece cenno che voleva ancora parlare.

"Permettetemi di citare alcuni versi sulla mamma, che ritengo bellissimi.

I never really thought about what that meant

till I got older and began to realize

how often your time and energy were devoted to me.

So now, for all the times I didn't say it before,

thank you, Mom...I love you so very much!

(Non ho mai realmente pensato ciò che significa

fin quando non sono cresciuto e ho cominciato a comprendere

come spesso il tuo tempo e la tua energia sono state dedicate a me;

Così, adesso, per tutte le volte che non te l'ho detto prima,

grazie, Mamma... ti amo tantissimo!)"

Ancora scroscianti applausi.

"Ed ora, signore e signori, ringraziandovi di nuovo per la vostra cara accoglienza, eseguirò un arrangiamento per piano dell'opera 49, n.4, di Brahms che ricorda, appunto, la dedizione delle mamme: La ninna nanna."

Ed mise tutto sé stesso in questa esecuzione.

Lo ascoltarono in religioso silenzio. Poi, di nuovo, un uragano di acclamazioni.

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Uscimmo, dopo un rapido brindisi con tutti gli organizzatori della Concert Hall e del Conservatorio, e una lunga serie di strette di mano.

Ero sotto braccio a Ed. Stretta a lui.

Sui cartelloni, al lato dell'entrata, stavano affiggendo alcune grosse strisce sulle quali era scritto: 'A grande richiesta!'.

Ci fermammo un momento.

Ed mi guardò.

Annuii.

"Si, amore, a grande richiesta. Sei solamente al debutto. Di tutto."

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Written by: ULISSE

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